Il 2015 è stato un anno da ricordare per l'export agroalimentare italiano. Rispetto all'anno precedente, infatti, si è registrato un incremento di vendite fuori dai confini nazionali del 7,4% dovuto principalmente alle ottime performance sul mercato statunitense, che ha segnato un +17,8%, ed in generale sui mercati asiatici. In totale, secono il rapporto Crea "Il commercio con l'estero dei prodotti agroalimentari", presentato il 5 luglio 2016 nella sede dell'Ice (Istituto commercio estero) di Milano, il made in Italy ha fatturato all'estero circa 37,2 miliardi di euro di cui un'enorme fetta è composta, appunto, dall'agroalimentare.
I 37,2 miliardi di euro di export sono ripartiti tra il settore primario (6,6 miliardi) che comprende frutta fresca, legumi e ortaggi, il cui mercato, per ragioni geografiche, è principalmente quello europeo. L'industria alimentare dei prodotti trasformati ha incassato 23 miliardi, mentre le bevande, in cui il vino ha la parte da leone, è arrivato a 7,4 miliardi. Se invece guardiamo all'import 14 miliardi riguardano il settore primario, 26 miliardi l’industria alimentare e 1,5 miliardi quello delle bevande.
All'interno del nostro export agroalimentare il made in Italy (inteso come prodotti tipici) ha la quota maggiore, pari al 74% (27,4 miliardi di euro), con un incremento rispetto al 2014 del 7,1%. Mele, uva da tavola e kiwi sono alcuni dei prodotti del made in Italy agricolo, che ha fatturato 4,2 miliardi di euro, mentre per i trasformati (15,5 miliardi) i principali prodotti sono vino, pomodoro trasformato, formaggi, salumi e olio d'oliva. L'industria alimentare (tra cui pasta, prodotti da forno e prodotti dolciari a base di cacao) arriva a 7,7 miliardi di euro.
Ma dove esportano le nostre aziende? Principalmente in Europa (65,7%), segue il Nord America (11,8%), l'Asia non mediterranea (8,1%) e gli altri Paesi europei non mediterranei (6,3%). La Germania è il partner più solido visto che da sola fa quasi il 20% dell'export (19,1%), mentre gli Stati Uniti sono al secondo posto con il 12%. Seguono la Francia, con il 10,7%, e il Regno Unito, con il 9,8%. Le sanzioni economiche hanno fortemente ridotto l'interscambio con la Russia che ha segnato un -37,4%.